Continua il blog tour per Giada Fariseo e il suo ‘Non ti perdere’ – conosciamo Manzanar


Buon pomeriggio libromani tanosi,
oggi continuo a parlarvi del romanzo ‘Non ti perdere’ di Giada Fariseo, invitandovi a leggere le altre tappe del blog tour a lei dedicato per conoscere meglio la sua storia e l’autrice stessa. Nella home del blog troverete trama, bio, una presentazione dei personaggi e gli estratti che mi hanno fatto sognare, tratti direttamente dal testo (di cui troverete a brevissimo una recensione).

E oggi?
In quest’articolo potrete conoscere un luogo magico e inaspettato, fulcro del romanzo: Manzanar.

 

 

 

 

Manzanar significa “campo di mele” in spagnolo, un nome alquanto singolare per connotare un luogo in cui sembra impossibile coltivare anche solo una piantina di riso.

La scelta di quest’ area brulla, arida e disabitata situata ai piedi della Sierra Nevada, non è stata fatta a caso dall’allora presidente americano Roosvelt quando nel 1942, dopo l’attacco di Pearl Harbor, siglò l’ordine esecutivo 9066 che prevedeva l’allontanamento dei Giapponesi dai centri abitati.

Dopo Pearl Harbor, se assomigliavi al nemico, eri trattato come il nemico. Non era importante il livello di integrazione raggiunto fino a quel momento. Dopo l’attacco che costrinse gli Stati Uniti d’America a scendere in guerra tutto fu dimenticato.

Ai giapponesi furono concesse solo poche settimane per cercare di vendere tutte le proprietà di cui erano in possesso e a marzo di quello stesso anno, iniziarono i primi rastrellamenti e le prime famiglie di nisei si scontrarono con quella che sarebbe diventata la loro nuova vita.

Manzanar era un posto duro e inospitale dove si gelava in inverno e si moriva di caldo d’estate. L’unica costante attraverso le stagioni erano il vento e la sabbia…

Manzanar fu il primo relocation center ad essere costruito sul suolo americano. Pochi mesi più tardi ne furono realizzati altri 9 e tra il 1942 e il 1945 vennero rinchiusi 120.000 nisei, americani di origine giapponese.

Veterani della prima guerra mondiale, bambini, neonati, donne e disabili: finirono tutti in uno dei dieci campi d’internamento circondati da torrette di guardia e filo spinato…

 

 

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