La scia nera – intervista a Gianluca Morozzi

Il 28 febbraio di quest’anno per la casa editrice TEA è uscito una raccolta di racconti molto importante: si tratta di un grido, un disperato appello contro la violenza di genere. Trenta scrittori, due illustratori e tantissmi lettori si sono uniti per farsi ascoltare e dire ‘NO’ a ciò che, invece, ancora accadde e provoca dolore. 

Qualche giorno fa vi ho riportato l’intervista a un’altra autrice, Giulia Mazzoni, e ora sono pronta a presentarvi Gianluca Morozzi, scrittore di ‘Video violence‘.

 

 

 

Titolo: ‘La scia nera’

 

Trenta scrittori italiani e due illustratori raccontano la violenza contro le donne. I racconti di Valerio Aiolli, Laura Bosio, Francesco Botti, Michele Brancale, Enzo Fileno Carabba, Lorenzo Chiodi, Maura Chiulli e Alessio Romano, Paolo Ciampi, Maria Rosa Cutrufelli, Gianmarco D’Agostino, Diego De Silva, Laura Del Lama, Anna Maria Falchi, Andrea Fazioli, Marcello Fois, Valentina Fortichiari, Leonardo Gori, Nicoletta Manetti, Dacia Maraini, Giulia Mazzoni, Gianluca Morozzi, Daniele Nepi, Marilù Oliva, Vincenzo Pardini, Filippo Rigli, Teresa Scacciati, Valerio Varesi, Marco Vichi, Christine Von Borries. Le illustrazioni di Sergio Staino. E la copertina di Giancarlo Caligaris.

 

Formato: digitale e cartaceo

 

 

Intervista a Gianluca Morozzi

 

Il racconto di Gianluca Morozzi si intitola ‘Video violence’ ed è incentrato sul condizionamento che la televisione, più in generale il mondo dello spettacolo, può avere sulle persone che lo seguono. Ci sono delle violenze pesanti che vanno a colpire direttamente la parte più sensibile di noi, non lasciano cicatrici o segni esterni, ma scavano nel profondo e provocano danni infuocati. Gianluca Morozzi ha la grande capacità di portare la storia con un pizzico di ironia, dal punto di vista della sua protagonista – Pamela -, contornandola di miriade di punti di riflessioni. La violenza non è soltanto di corde, pugni o calci, ma è anche psicologica e mentale. Dovremmo ricordarcelo più spesso.

 

1. Il tuo racconto per la raccolta ‘La scia nera’ si intitola ‘Video violence’. Ti andrebbe di spiegare a chi ci segue come mai hai scelto proprio questo titolo?

Il titolo l’ho rubato a una canzone di Lou Reed. L’idea è nata riguardando un vecchio film di Nanni Moretti, “Sogni d’oro”, in cui già nell’81 il regista prevedeva la deriva di volgarità e violenza verbale che avrebbe preso di lì a breve la televisione. Qualche anno fa io e la mia fidanzata di allora abbiamo fatto un esperimento al limite del sostenibile: guardare i programmi televisivi del pomeriggio tutti i giorni per un mese intero, cercando di uscirne sani di mente. L’esperienza è stata surreale, soprattutto all’idea che quelle cose che noi stavamo guardando inorriditi potessero piacere a molte più persone di quante probabilmente, in Italia, apprezzano i già nominati Nanni Moretti o Lou Reed. Capisco che questo ragionamento mi faccia rientrare in quelli che ora vengono definiti con disprezzo “radical-chic”, termine usato quasi sempre fuori luogo e a caso, ma se preferire Ecce Bombo all’Isola dei famosi mi rende radical-chic, be’, allora mi tengo la definizione.   

 

2. Pamela, la protagonista della tua storia, si convince così tanto che quelli che vede siano i giusti ideali a cui dovrebbe attenersi, che anche quando è troppo tardi non sa riconoscere la verità.

Quali sono, secondo te, i valori che si dovrebbero seguire?

Seguire così a lungo quelle trasmissioni del pomeriggio, vedere una biondina del Grande Fratello portare la frangetta e poi notare un incremento delle frangette nelle ragazze incontrate per strada, vedere il termine Lato B, che per me è sempre stata la seconda facciata di un disco, diventare una definizione di uso comune per definire una parte del corpo, può far capire l’incredibile condizionamento che arriva poco a poco, giorno dopo giorno, dallo schermo a una mente predisposta a farsi condizionare. Pamela non vede più alcuna realtà desiderabile se non quella proposta da Uomini e donne o trasmissioni simili, e questa è una violenza mostruosa. 

Non mi sento certo all’altezza di proporre valori alternativi, se non un banale ma accorato: non spegnete il cervello, per piacere, non anestetizzatevi con il trash. Se ci si abitua a spegnere il cervello perché si è stanchi dopo il lavoro, perché non si ha voglia di usarlo troppo, poi si disimpara ad accenderlo. Sarebbe meglio spostarlo, quel cervello, in territori migliori.

Io ho molta fiducia nei 15-16enni di oggi, perché per loro la televisione è roba da vecchi ancor più di Facebook, e sono cresciuti senza quel veleno cerebrale in testa.   

 

3. Com’è stato collaborare con altri 29 autori per ‘La scia nera’? Dove potremmo trovarti nei prossimi mesi a presentare tale raccolta?

Come spesso capita nelle antologie, mi sono rapportato più che altro con il curatore Marco Vichi (pur conoscendo buona parte degli autori). Volevo essere sicuro che il mio racconto potesse star bene in una raccolta come questa, con un tema così forte. Siccome ho scelto un approccio particolare (con tutti i noir che ho scritto, non avrei avuto problemi a narrare una vicenda di violenza fisica o psicologica in senso più brutale), mi interessava avere la certezza di non essere fuori posto, narrando una violenza diversa con toni grotteschi. Il curatore mi ha rassicurato su questo, per fortuna.

Spero che ci sia una presentazione dalle parti di Bologna, per poter partecipare.

 

 

4. Cosa pensi dell’obiettivo della raccolta?

L’obiettivo è meraviglioso, e sono molto felice di poter contribuire ad aiutare l’associazione Artemisia di Firenze. Poi, come scrive Marco Vichi, in un mondo ideale associazioni come queste non esisterebbero, perché non esisterebbe il problema.

 

5. Mi piacerebbe che ci parlassi di te come scrittore a tutto tondo? Quali altri titoli hanno la tua firma? Di quali generi ti piace scrivere?

Dunque: ho pubblicato il primo romanzo nel 2001 (“Despero”, editore Fernandel), e da allora sono usciti circa trenta miei titoli tra romanzi, raccolte di racconti pubblicati in precedenza su riviste o antologie, fumetti.

Qualche titolo? Blackout, Radiomorte, L’era del porco, Cicatrici, Chi non muore, Lo specchio nero (tutti usciti per Guanda), Gli annientatori e Dracula ed io (usciti per TEA), L’abisso, L’amore ai tempi del telefono fisso, Anche il fuoco ha paura di me (Fernandel), L’uomo liscio e L’uomo liquido (Pendragon), Il vangelo del coyote (Mondadori)… e tanti altri.

Ho alternato romanzi e racconti definibili come noir, a volte al confine con l’horror, o veri e propri gialli (Lo specchio nero) e altri più divertenti, comici, musicali, tipo Bob Dylan spiegato a una fan di Madonna e dei Queen, o addirittura supereroistici, come Colui che gli dei vogliono distruggere, L’ape regina e Marlene in the sky.

In Dracula ed io, l’ultimo romanzo che ho pubblicato, ho provato a mischiare tutte le mie anime. Spero di esserci riuscito.   

Le parole di Gianluca Morozzi sono state molto importanti per capire cosa ha reso possibile la creazione di questa raccolta – LA SCIA NERA – e ci tengo molto a ricordarvi, ora, che questa antologia finanzia i progetti dell’associazione Artemisia di Firenze. Quindi, se vi va, fate un regalo a voi e a tutte le donne che Artemisia aiuta ogni anno!

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