Emanuele Mosca – Intervista.

È arrivato il momento di presentarvi come si deve l’autore che insieme al Dottor Notte ha pubblicato la raccolta di racconti horror ‘Trick or Treat’!

Anche questo articolo farà parte della #carovanadeldottornotte *-*

 

 

L’INTERVISTA!

 

  1. Ogni scrittore ha un momento in cui ha sentito che la scrittura era il suo punto di svolta o, contrariamente, ha da sempre sentito questo flusso di parole dentro di sé.

Qual è il tuo aneddoto in merito al tuo incontro con la scrittura?

 

Ricordo che una delle primissime cose che scrissi fu un racconto con protagonista Sherlock Holmes. Forse avevo dieci, dodici anni. Il detective di Doyle è stato uno dei primi personaggi seriali che io abbia mai letto e mi appassionò così tanto che mi cimentai nella stesura di una sua storia (apocrifa, naturalmente) che, per fortuna, è andata perduta!

 

La passione per la scrittura è nata per il mio grande amore per la lettura.

 

Perché se non leggi, non scrivi. E’ la base. E io ho letto molti libri ma anche migliaia e migliaia di fumetti.

Però devo fare una precisazione: ho iniziato a scrivere per il teatro, commedie in uno, due o tre atti sullo stile di Eduardo De Filippo. In seguito mi sono “buttato” sulla narrativa fantastica perché adoro King, Bradbury, Matheson, Poe e tanti altri, ma nasco commediografo. Però volevo scrivere storie di vario tipo e l’ho fatto. Il flusso di cui tu parli nasce dentro di me ogni volta che mi viene in mente l’idea per una storia. E mi diverto.

 

Mi basta pensare a “cosa succederebbe se…” e diventa proprio un gioco.

 

Tipo: sui cieli di tutta Italia, da Milano a Palermo, improvvisamente sono comparse delle bare: le bare volanti. Visione? Macabre navicelle aliene? Fake news? Ologrammi virtuali creati da un matto? Che cavolo ci fanno delle dannate bare volanti nei cieli di tutta Italia? Ecco, così nascono le storie.

Oppure: la Terra è ormai sul lastrico, priva di risorse energetiche, ma una razza aliena ci propone un patto: loro ci daranno dell’energia alternativa in cambio di Justin Bieber. Gli alieni, non si sa per quale assurdo motivo, adorano la sua musica e vogliono portarlo sul loro pianeta. I potenti della Terra non sanno che fare, le fan non vogliono lasciar andare via il loro idolo; altri, invece, pensano che quel ridicolo cantante biondo possa pure levarsi dai coglioni, sai… bisogna salvare il pianeta.

Ecco, cosa succederà? Da qui nascono TUTTE le storie, dalla voglia di rispondere a questa domanda. Fammi fare una citazione colta (che colto non sono, ma è per darci un tono): Montaigne diceva che la scrittura nasce dal tormento. Vero. Ma è un tormento DIVERTENTE. E anche un mestiere. Perché più scrivi, più impari. Più metti il tuo culo sulla sedia e digiti i tasti OGNI giorno, e più c’è la speranza che qualcosa di concreto fuoriesca dalla tua testa.

Però sopravvivere è tosta, ragazzi.

 

 

  1. In ‘Trick or Treat’ troviamo dei tuoi racconti horror: hai scritto solamente all’interno di questo genere? O possiamo trovare altri scritti firmati col tuo nome?

 

Sì, questa è la prima raccolta. Ma ho scritto tanto altro. Come ho detto, commedie in lingua napoletana, articoli, racconti di fantascienza e altro genere. Però “Trick or treat” e, a tutti gli effetti, la mia prima pubblicazione. E la trovate su Amazon. (Stai notando con quanta abilità e faccia tosta io stia spammando?).

 

 

  1. Cosa ti ha spinto a decidere di imbarcarti nell’avventura della pubblicazione con il Dottor Notte? Affinità? Casualità? Cosa?

 

Certamente l’affinità. Dico affinità nel voler raccontare lo stesso tipo di storie. Una premessa: “Trick or treat” è una classica raccolta di racconti. Io e il Dottor Notte ci siamo divisi equamente il lavoro scrivendo sei racconti ciascuno. Non si tratta di una collaborazione sulla falsariga Straub-King ne “Il Talismano” (mi perdonino i suddetti autori se li tiro in ballo) o come avviene in musica, tipo Mogol scrive i testi e Battisti le musiche; no, ognuno di noi ha firmato singolarmente i suoi racconti.

Lo dico perché in molti blog hanno fatto un po’ di confusione sostenendo che io e il mio amico abbiamo scritto insieme le storie. Non è andata così. Se lo avessimo fatto, lo avremmo specificato nell’introduzione.

“Trick or treat”, dunque, è un viaggio nel genere horror che ci siamo sentiti di fare. Per smuovere un po’ le acque, per far provare al lettore, bontà sua, il piacere di leggere storie un po’ controverse. Per esempio Antonio ha messo, nei suoi racconti, tutto il suo variegato mondo di personaggi psichedelici, tormentati, insieme al suo stile vivace ma anche complesso; io, invece, ci ho messo la mia passione per il macabro e il beffardo, in cui tutto nasce da una “situazione estrema” (vedi il racconto “Il Funerale”). Ecco, su questo c’è stata complicità sin da subito da parte di entrambi. Pensando alla musica, è come se avessimo entrambi suonato in una band. E senza stonare mai.

 

 

  1. Sbirciando nel tuo profilo Instagram, ho notato che sei anche un poeta, ti diletti a scrivere in versi i tuoi pensieri. Esiste una raccolta di poesie che i tuoi lettori possono comprare per sostenerti?

 

Mi hai beccato!

No, beh non sono un poeta tipo Gio Evan e simili. Su Instagram, ogni tanto, fuoriescono quelli che chiamo “rigurgiti” (interessante definire le mie poesie così, non trovi?). Cioè, scrivendo nel tempo libero quasi sempre storie horror o di genere, alle volte sento l’esigenza di dare spazio a un’altra parte di me (“Another Part Of Me”, che è anche una canzone di Michael Jackson, il mio mito). Lo faccio su Instagram o nella mia pagina Facebook ’Irreality’ (visto? Un nuovo spam, ormai sono un esperto). Non ho mai pubblicato, e credo mai pubblicherò, le mie poesie perché non mi va. La poesia è qualcosa che va colta in quel momento. Deve suscitare, come la musica, qualcosa dentro l’anima.

 

 

  1. Condividi con noi tre aggettivi che pensi possano descriverti sia come autore che come persona.

 

Tre aggettivi sono tanti. Come persona vorrei dire: bello, geniale, eroico. Ma nessuno dei tre mi corrisponde, purtroppo. Come autore posso dire di essere verace, mi si passi il termine. Mi piace scrivere le cose per come le vedo. King ci ha insegnato questo.

Se il personaggio di un tuo libro deve andare di corpo, perché cincischiare? “Bill si fermò sull’autostrada perché doveva cagare”. Suona bene, no? Invece i colti e raffinati sostenitori della letteratura accademica inorridirebbero e se ne uscirebbero con frasi del tipo “Bill si fermò sull’autostrada perché sentì il bisogno di espletare alcune sue funzioni corporali”. Dio mio, non avverti il disagio dell’autore? La sua paura? Perché essere timorosi? “Bill si fermò sull’autostrada perché doveva cagare” dà un senso a tutto! C’è pienezza, musicalità, onestà! Ecco, la verità, nella scrittura, per me è la prima cosa.

Ciò non vuol dire che mi piace dare spazio alla volgarità fine a se stessa, anzi, ma gli orpelli li lascio agli smorfiosi della scrittura. Però è un paradosso. Voglio dire, essere onesti in qualcosa (la scrittura) che si basa sulla finzione è surreale. Per questo mi affascina tanto.

 

 

  1. Cos’altro possiamo aspettarci da te? Progetti futuri?

 

In questo periodo sto terminando la correzione (faccio l’editing di me stesso) di “Storie da Quartiere”. E’ un romanzo cui tengo molto. E’ ambientato in un Quartiere (notare la maiuscola) di una periferia nell’hinterland napoletano che non ha un nome ma che rispecchia quello in cui vivo attualmente. Insomma, molto ghetto e degrado. E situazioni paradossali, in cui mi piace sguazzare, lo ammetto.

Sono storie che volevo raccontare da molti anni, di personaggi che sentivo dentro e che mi hanno “parlato”. Questo romanzo è diviso in quattro parti, ognuna dedicata a una stagione: autunno, inverno, primavera, estate. La vita, insomma. Il ciclico che appartiene a noi tutti. Ho in mente anche il sequel, ma meglio non strafare. Appena terminate le correzioni di “Storie da Quartiere” scriverò altri due romanzi, tempo permettendo. Ma saranno diversi da “Storie da Quartiere”. Perché una delle cose che amo è non fossilizzarmi su un genere preciso.

E poi scriverò un saggio monografico sui macabri segreti del Dottor Notte, saranno almeno settecento pagine!

Però sto pensando troppo al futuro, meglio concretizzarsi sul presente. Magari iniziando col ringraziarti per avermi concesso questa intervista!

 

 

Qui si concluse l’intervista all’autore Emanuele Mosca, ormai nel vedere le caratteristiche piume con cui divido gli articoli, dovreste già averlo capito da voi.

Commenti?

Concludo ringraziando a mia volta Emanuele per aver risposto in modo così esauriente alle mie domande, sei stato una sorpresa di simpatia ^–^

E devi sapere che ormai vorrei leggere sia il trattato di 700 pagine sul Dottor Notte che delle bare volanti nei cieli di tutte le città d’Italia; un giorno potrei leggere davvero di queste storie, vero? *-*

 

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Grazie e a presto :P.

 

 

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